Un nuovo studio ha rivelato la presenza di microplastiche nel pesce che compriamo al supermercato. L’allerta preoccupa i consumatori.
Siamo costantemente sotto attacco, la nostra salute è in pericolo e non ce ne accorgiamo. PFAS in note marche di acqua minerale, pesticidi in frutta e verdura e ora microplastiche nel pesce (e non solo).
Conoscete la “Sporca dozzina”? Non parliamo del film del 1967 ma di una lista stilata da scienziati ricercatori contenente i nomi della frutta e della verdura con il maggior numero di pesticidi e residui di antiparassitari. Le mele sono al primo posto con la più alta concentrazione di pesticidi mentre cavolo e peperoncino sono i più contaminati dagli insetticidi, particolarmente tossici per la salute umana. Pesche, nettarine, fragola, uva, sedano, spinaci, cetrioli, pomodorini, piselli, patate sono altri prodotti risultati positivi ai pesticidi.
Un lavaggio accurato è indispensabile per eliminare ogni pericolo per la salute anche se la scelta più saggia sarebbe comprare frutta e verdura bio a chilometro zero. Poi ci sono i PFAS che stanno destando preoccupazione. Queste sostanze perfluoroalchiliche si trovano in molti marchi di acqua in vendita nei supermercati del mondo oltre che in tanti prodotti di uso comune nonché nei profumi e nei cosmetici. Ci mancavano solo le microplastiche nel pesce a completare un quadro preoccupante.
Un nuovo studio è stato pubblicato a fine dicembre su Frontiers in Toxicology ed è stato condotto dai ricercatori del laboratorio di ecologia costiera applicata della Portland State University. Gli studiosi hanno rilevato la presenza diffusa di particelle antropogeniche nei tessuti commestibili di 5 pesci ossei e di un mollusco. Gli animali sono stati catturati nelle acque dell’Oregon e si tratta del salmone Chinook, dell’aringa del Pacifico, della lampreda del Pacifico, del gamberetto rosa, del rockfish nero e del lingcod.
Sono state rilevate più di 1.800 particelle nei tessuti muscolari di 180 campioni su 182. Ad avere il più alto numero di particelle il gamberetto rosa, 36 in un solo gamberetto dal peso di 4,9 grammi. Le concentrazioni più basse, invece, sono state rilevate nel salmone. Lo studio è giunto anche ad un’altra conclusione. Il pesce acquistato dai supermercati sembrerebbe essere esposto a particelle aggiuntive rispetto quello proveniente dai pescherecci. Significa che la lavorazione e gli imballaggi di plastica fanno aumentare il numero di microplastiche.
I ricercatori hanno affermato che, indipendentemente dalla provenienza di pesci e molluschi, sono stati rilevati 0,3 particelle antropogeniche ogni 10 grammi di tessuto commestibile. L’esigenza è di una politica nuova contro le microplastiche che spinga verso metodi di conservazione alternativi e naturali (cera d’api, amidi, zuccheri). Gli effetti delle particelle sulla salute sono ben noti. Dai disturbi ormonali al cancro fino a danni cerebrali.
Il rapporto tra uomo e plastica, dunque, deve cambiare o saremo costretti a subirne gli effetti negativi. L’indagine è stata condotta su pesci catturati nel mare dell’Oregon ma l’allarme vale anche qui in Italia. Basta considerare che l’87% delle aree del Mediterraneo ha problemi di inquinamento soprattutto a causa della presenza di metalli tossici, sostanze chimiche industriali e rifiuti di plastica.
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